Cape Town, Venerdi 5 dicembre 2014

Il venerdì sera, si sa, è serata speciale per il popolo pastafariano. E’ il giorno che tutti attendono per l’intera settimana. Parecchie volte negli ultimi anni ho avuto il piacere e la fortuna di spendere notti con pirati, da diverse parti del mondo. L’Africa appare positivamente estrema anche da questo punto di vista: memorabili le notti a Nairobi, come ciò che è accaduto a Cape Town. Mai mi era successo di celebrare la stessa notte con 2 ciurme, contraddistinte dalla provenienza, unite come non mai negli intenti e nella celebrazione.
Di seguito una narrazione degli eventi accaduti quel venerdì.

La Lion's Head Mountain. Attneti a non caplestare code di felino nella nebbiaDi ritorno dalla scalata della Lion’s Head Mountain con l’ amica Lauren, incontro 4 geni in mutande con la pila attaccata, invece che alla testa, al culo. La testa è occupata da colorati scolapasta. Sono già parecchio ciucchi, classico accento sudafricano urlano minchiate su minchiate, ad ogni persona che incrociano, inchino supremo alzandosi lo scolapasta. Accetto la birra che offrono al popolo, un paio di apprezzamenti su Lauren, due cambi di opinione sugli squali e ci si aggrega alla ciurma. È inspiegabile come ci si trovi subito in sintonia.

Arriviamo alla macchina della ciurma, fuoristrada da 5 posti con cassone aperto dietro, e, ai 4 stronzi con la pila in culo, a me e Lauren, si sono aggiunti un ragazzo e una tipa austriaca agganciati e convertiti durante una gara di rutti scendendo gli ultimi metri. Musica elettronica e parte il vascello, le birre stanno finendo, è ora di iniziare a celebrare sul serio.

Un sacerdote Pastafariano di Città del Capo prepara la Castle Lager per il rito del Venerdì
Un sacerdote Pastafariano di Città del Capo prepara la Castle Lager per il rito del Venerdì

Passiamo a casa di Philip, dove con bende ed elmi si vestono i nuovi membri. Piccolo meeting bevendo da pentola fresca Castle Lager, in cui ci spiegano che sono lieti di riceverci nella flotta del pacifico di Cape Town, famosa e rinomata per farsi soddisfare attraverso sesso orale dalle balene che stanziano nei pressi di Simon’s Town durante alcune stagioni dell’anno. In assenza delle balene ripiegano sulle mondane sudafricane. Il programma della sera è passare in più possibili locali, spassarsela con la gente e ampliare la già esistente ciurma con nuovi convertiti. Il punto di ritrovo finale sarà Haut Bay, dove incontreremo i pirati della flotta dell’Atlantico, per concludere la serata insieme. Come accennavo, la più grande differenza tra le due ciurme sta solamente per la provenienza da oceani diversi, ma celebrano spesso tutti in un unico gruppo nella peninsula della città sudafricana, in compagnia di vecchi marinari e zoccole di porto.

Prima di andare ad un pub, tappa obbligatoria è passare davanti all’enorme centro commerciale Waterfront, che tu sia uomo o donna non centra niente, passando in macchina o mostri il fondoschiena passando o seno e fondoschiena se sei donna. Tutti adempiono, Lauren non ha nessun problema, è già sbronza e toccata da lungimiranti spaghettosità, l’austriaca se la tira un po ma alla fine cede e mezza tetta in onore a questo venerdì e in disprezzo degli stronzi turisti davanti la mall salta fuori.

tre-che-bevonoPrimo pub, e qua la vera celebrazione inizia, narrando e convertendo metà locale, incredibili sfide di ping pong beer ma senza l’utilizzo di nessuna pallina, gara di mitraglia in parcheggio; buco con chiave sulla base della lattina, apri la lattina e giu di schiena. Si riparte, dietro al cassone ci sono 3 nuovi membri, 2 francesi da Bordeaux e un altro pirata sudafricano. Le francesi come sempre si contraddistinguono per le tre specialità che sanno fare.

mani e bicchieriIl clima è di grande festa, la convinzione collettiva dei nuovi membri aumenta sempre più, dopo altri due locali si arriva in una gran bella casa con piscina, party di un’amica dell’amico del cugino di Jay, ma ci sentiamo indistintamente tutti invitati, e occupiamo la festa. La proprietaria di casa all’inizio non sembra contentissima, ma visto la gioia e la simpatia che tutta la ciurma va manifestando, e soprattutto l’impossibilità di cacciarla fuori, accetta e iniziano le danze. Non fa così caldo, ma gli avventurieri pastafariani spesso cadono o vengono spinti nelle insidiose fredde acque della piscina, poche bracciate e perlustrazioni ed escono subito; non ci sono balene nei paraggi, meglio star fuori dall’acqua allora.

tuffo-con-birraLa situazione comincia ad essere sempre più divertente e molesta, complice musica tamarra di alta qualità e tuffi con presa delle birre al volo. Non ci si risparmia in niente e per niente, gran momento quando le amiche francesi affermano tarantolate di sentirsi lunghe spaghettosità ovunque e ripudiano l’amato champagne in favore di economica birra sudafricana.

È arrivato il tempo del ritrovo con la ciurma dell’Atlantico, si decide di andare verso Haut Bay, ma Jessie, padrona di casa non vuole proprio che la combriccola abbandoni ora. Dopo intensi e riflessivi minuti si decide che i pirati dell’ovest possono, o meglio, devono venire alla riscossa al party. Ricordo l’ingresso in scena dei 5 membri dell’ Atlantico, due robuste ragazzotte che portano in spalla due compagni piuttosto fradici e felici, dietro l’ultimo pirata, che continua a inciampare ridendo e rovesciando lattine dai due secchielli pieni di ghiaccio e Black Labels. E che ve lo dico a fa, da quel momento in poi, solo Sua prodigiosa spaghettosità sa.

1 fsm e due birre

Gita parrocchiale al lago Magadi

La Chiesa Pastafariana, Diocesi di Nairobi, e’ orgogliosa d’invitarvi alla prima gita parrocchiale del 2013….destinazione Lago Magadi! Il flying matatu monster raccogliera’ i fedeli sabato 13 aprile (Italian time, no African time) presso il Nakumatt Junction di Nairobi. Per farsi riconoscere i partecipanti dovranno essere vestiti da pirati oppure indossare uno scolapasta in testa! Il rientro e’ previsto per domenica 14 aprile nel pomeriggio.

Astenersi perditempo!

Il flying matatu monster a Magadi durante un ritiro spirituale

 

Informazioni su Magadi: Il Lago Magadi è un lago alcalino, il lago piu’ a sud della Rift Valley. Posizionato all’interno della Masai Land ha una superficie di 104 km². Si trova in una delle zone più calde e aride del Kenya (le temperature raggiungono i 40-45 gradi) ed è circondato da colline vulcaniche che riversano grandi quantità di carbonato di sodio nelle sue acque. La mancanza di emissari e l’evaporazione dell’acqua fanno aumentare la concentrazione di sali a tal punto che la sua superficie è completamente ricoperta da uno strato di soda cristallizata. I fenicotteri rosa sono una delle poche specie animali in grado di vivere nel lago; dove si nutrono di alghe. Sulle sponde del lago Magadi sorge l’azienda Magadi Soda, che estrae bicarbonato di sodio principalmente per l’esportazione. A Magadi sono state girate alcune scene del film di Fernando Meirelles dal titolo The Constant Gardener, basato sul un libro di John le Carré. Per maggiori info vedi : http://bianconerokenya.wordpress.com/2012/04/27/somewhere-in-kenya-magadi/.

 Alloggio: campo tendato presso il villaggio di Oloika a sud del lago Magadi a pochi Km dal confine con la Tanzania. Chiunque voglia venire deve portarsi la tenda! Il campo tendato sara’ presente in occasione della Maratona di Shompole (Maratona di Sean Paul per i rastafariani) del 14 aprile ed il costo per il posizionamento della tenda e’ di 1800 Ksh a persona.

Attivita’: safari nella natura sconfinata di Magadi e visita delle sue bellezze; barbecue serale inaffiato da birra fresca; possibile partecipazione alla Maratona di Sean Paul  nella categoria 10, 21 o 42 Km (http://www.shompolemarathon.com/) che si terra’ il 14 aprile mattina (partenza 6.10 a.m.); cazzeggio e relax.

Costi: ci si dividera’ i costi della benzina! E’un weekend low cost!

Per partecipare: il matatu pirata della chiesa pastafariana di Nairobi ha a disposizione 7 posti. Prenotatevi!!!

Contatti: Capitan Luca +2540727240667.

 

 

Il colonialismo della Chiesa cattolica belga

Buongiorno a tutti,

 

per chi si fosse perso le puntate precedenti siam in Rwanda e Burundi, anno diciamo 1919. Il Belgio inizia a governare questi due piccoli ed inutili Paesi Africani. Il Belgio possedeva solo un’altra colonia, il Congo belga, grande peraltro 80 volte il Belgio stesso. Una commissione ufficiale del governo belga nel 1919 disse, con un certo orgoglio, che da quando Stanley aveva gettato le basi per lo stato del Congo (1885) la popolazione era dimezzata. In Rwanda e Burundi accadrà più o meno lo stesso…

 

Il tipo di colonizzazione che si svilupperà in questi Paesi avrà un impronta  fortemente cattolica, la chiesa più ancora del governo belga sarà responsabile dell’amministrazione del Paese. Nel 1925 l’amministrazione belga, ispirata al principio del divide et impera, intraprende la modernizzazione delle strutture gerarchiche rwandesi. Semplificando alcuni rapporti di potere che sembravano loro inutilmente complicati (i Tutsi sono una razza di capi. Perché dunque dovrebbero esserci capi Hutu, dal momento che la loro razza li predispone a essere comandati?), i responsabili belgi scuoteranno profondamente i delicati equilibri della società rwandese. Da ora in poi, i capi Hutu saranno progressivamente destituiti. Nel 1930 si firma l’accordo tra la Chiesa e il Belgio con il quale la Chiesa acquisisce piena responsabilità scolastica; furono chiuse le scuole statali. La Chiesa mise una prova d’ingresso per l’entrata nelle scuole, una cosa semplice: si doveva essere Tutsi, gli unici a cui potevano andare i posti rilevanti dell’amministrazione (belga). Con la scuola si “etnicizzarono” le élite locali. Nel 1931 in Rwanda il mwami Yuhi V è deposto dai belgi, in seguito alle pressioni del vicario apostolico Monsignor Classe ed è sostituito al trono dal suo catecumenico figliolo Rudahigwa (che regnerà sotto il nome di Mutara III). Da questo momento la Chiesa avrà il predominio anche sulle scelte del governo belga.

Nello stesso anno ci sarà l’introduzione della cosiddetta “carta d’identità etnica”, forse una delle 10 cose più stupide inventate dall’uomo negli ultimi due secoli. In maniera assolutamente inequivocabile e scientifica si distinguono gli Hutu dai Tutsi:


Hai almeno 10 mucche? Tutsi.

Hai il naso largo? Hutu.

Vai a scuola? Tutsi.

Tette grosse e sedere rotondo? Hutu.

Sei ricco? Tutsi.

Tuo padre e’ Hutu? Hutu.

 

L’etnia sarà inventata e istituzionalizzata, Rwanda e Burundi furono ufficialmente etnicizzati nel 1931. Si assisterà peraltro a due fenomeni divertenti: la dehutuizzazione e la detutsizazzione… termini inventati che rappresentano la facile mobilità sociale da un etnia all’altra.

 

Forse giusto fare un flash-forward (un flash back al contrario per i profani)… nel 1994 durante il più famoso dei genocidi rwandesi ai posti di blocco veniva chiesto di mostrare la carta d’identità. Hutu? Salvo. Tutsi? Morto. Misto? Nel dubbio, morto.

 

Nel 1943 si assiste ad un importante svolta: c’è il battesimo del mwami Mutara III e dei suoi capi e sottocapi, tre anni dopo il Paese è consacrato a Cristo Re.

 

Tutto sembra molto tranquillo con i belgi che istruiscono il 10% del Paese e tengono in scacco il restante 90%. Poi succede qualcosa: io mi immagino un prete, un amministratore e un commerciante belgi seduti a tavola ciucchi di birre trappiste e con un gruppo di “Olgettine negrette” a far loro compagnia. Il prete dice all’amministratore: “Cristo, ma lo sai che da qualche mese il tasso di crescita dei cattolici è diminuito?”. L’amministratore: “Ti credo vi ostinate a volere solo Tutsi. Dovremmo cambiare la tendenza”. Il commerciante: “E’ tutta una questione di marketing, dobbiamo convertire tutti gli Hutu, dobbiamo sostenere gli Hutu”. Detto e fatto. Le autorità del Belgio che si erano sempre appoggiate all’aristocrazia Tutsi per amministrare il Paese operano un’inversione di tendenza (direi un’inversione a U): d’ora in poi l’autorità belga sosterrà la “rivoluzione sociale” degli intellettuali Hutu (che reputano più facilmente manovrabili) contro le élites Tutsi.

 

In Rwanda nel 1957 viene pubblicato un documento di dodici pagine dal titolo “Note sull’aspetto sociale del problema razziale indigeno nel Rwanda”, più semplicemente il Manifesto dei Bahutu”. Questo manifesto, redatto dagli “evoluti” Hutu con l’aiuto dei Padri Bianchi, dimostra fino a che punto le élites Hutu, nella loro contemplazione dei problemi socio-politici del Rwanda, abbiano integrato gli schemi razziali importati dagli europei. I Tutsi sono presentati come individui di “razza” diversa. Il PARMEHUTU, il partito di Grégoire Kayibanda, firmatario di questo manifesto e futuro Presidente della Repubblica, spiegherà poi che i Tutsi che lo avessero desiderato sarebbero potuti rimanere in Rwanda, ma senza avere più diritti degli altri stranieri. Verrà sviluppata la teoria del “colonialismo a due fasi”. La prima sarebbe quella dei Tutsi sugli Hutu e la seconda sarebbe quella dei belgi sui rwandesi in generale. Nel testo si comprende bene come la seconda fase del colonialismo abbia in realtà salvato il paese. “Senza gli Europei noi saremmo stati condannati ad uno sfruttamento disumano e, tra i due mali bisogna scegliere il minore”, cioè il colonialismo europeo, “un colonialismo progressista e buono rispetto alla supremazia razziale dei nilotici (i Tutsi)”.

 

In continuità con il Manifesto dei Bahutu c’è lettera di Quaresima del 1959 di Monsignor Perraudin (successore di Monsignor Classe): “…Constatiamo, in primo luogo, che realmente esistono in Rwanda diverse razze abbastanza nettamente caratterizzate (…) Nel nostro Rwanda, le differenze e le diseguaglianze sociali sono, per la maggior parte dei casi, legate alle differenze di razza”. Tra il 1957 e il 1961 si ha la rivoluzione sociale e politica rwandese sostenuta dalla Chiesa. Nel novembre 1959 inizia la cacciata di migliaia di Tutsi. Il regime al potere subì una fine rapida e violenta, morirono 10.000 Tutsi e 170.000 “scelsero” l’esilio. Saranno queste le prime prove di genocidio in Rwanda.

 

 Piedone L’africano

 

PS. C’è un interessante dato che mi piace citare, ossia il numero di burundesi convertiti al cattolicesimo: nel 1910 sono solo 1.000, nel 1922 sono 15.000, nel 1937 sono 250.000, nel 1947 sono 550.000, nel 1968 sono 1.800.000, nel 1976 sono 2.300.000, nel 1986 sono 2.800.000, nel 2004 sono 4.400.000…un gran bel lavoro di evangelizzazione non c’è che dire.

La regola della terza C

Le puntate precedenti ci hanno insegnato il significato di etnie in Rwanda e come la chiesa cattolica abbia costruito e modellato a livello teorico e nel tempo il concetto di razza camita a suo uso e consumo. Oggi vedremo invece come i colonizzatori entrano in Rwanda. Oggi parliamo dei crucchi.

Rwanda-e-BurundiFoto piratata da qui

I colonizzatori sono stati scarsamente interessati al Rwanda e al gemello Burundi per la loro posizione al centro dell’Africa e per il sottosuolo povero. Rwanda e Burundi vissero, fino a metà 1800, ignorando l’esistenza di altre razze di colore diverso. Non furono toccati dal dramma dello schiavismo e della deportazione in America. Solo nel 1858 ci fu il passaggio dei primi esploratori: Burton e Speke.


Nel 1871 poi, sulle rive del Lago Tanganyika, l’esploratore Stanley vede un vecchio bianco. Lo saluta. “Doctor Livingstone, I presume?”. “Yes” risponde il vecchio con un sorriso amabile, sollevando un poco il cappello. Vanno a fare un giro in barca, e si bevono il te delle 5 sulle rive burundesi del lago.

Stanley e Livingstone

Stanley e Livingstone, The Illustrated London News, 1872 (grazie Wiki)

Nel 1875 malgrado i commercianti arabi avessero provato a dissuaderlo, Stanley tenta una incursione in Rwanda. Lo accolgono con le frecce, e batte in ritirata. I primi quattro missionari dei Padri Bianchi entrano in Burundi nel 1879.

Il 1985 è un anno importante perché si svolge la Conferenza di Berlino, le potenze europee si ritrovarono con i loro capi di stato, esploratori, geografi e missionari per spartirsi la “torta africana”… per la cronaca nessun africano partecipò alla conferenza. L’Inghilterra, la Francia e Leopoldo II (re del Belgio) divennero proprietari della maggior parte dell’Africa. Germania, Portogallo, Spagna e Italia tapparono i buchi. Uno di questi buchi erano il Rwanda e il Burundi che furono affidati alla Germania di Bismark.

Un certo Barman (un nome un programma), dottore austriaco, risalì il fiume del Burundi Nilo-Kager, vera prima sorgente del grande Nilo e fu il primo ad attraversare il Burundi. Il 26 novembre 1885 un decreto imperiale tedesco dichiarò proprietà del Reich “tutte le terre non abitate dagli autoctoni”… La cosa divertente è che nessun autoctono ne seppe niente e cosa ancor più divertente è che in Rwanda e Burundi mica sapevano cosa volesse dire la parola autoctono! Il dominio coloniale che viene loro imposto era tardivo ed arrivava in una società intatta che non aveva mai visto, se non di rado, il passaggio di esploratori, missionari bianchi o commercianti. Anche i tedeschi non si interessarono troppo del loro possedimento coloniale: i primi europei visitarono il paese tra il 1892 e il 1894. Il momento più memorabile del colonialismo tedesco in Rwanda si ebbe quando il conte Von Gotzen presentò uno spettacolo di tiro con la carabina alla corte del mwami Kigeri IV Rwabugiri; un successo assicurato. Dal 1895 e un po’ contro voglia i tedeschi cominciano lentamente a insediarsi in Rwanda e in Burundi. Nel 1899 Yuhi V riconosce il protettorato tedesco.

Il conte Gustav Adolf von Götzen con baffi e patacche (grazie di nuovo, Wiki)

La colonizzazione in Africa generalmente sarà resa possibile grazie allo studio a tavolino della cosiddetta “regola della terza C” (si ricorda peraltro anche un telefilm):

La prima C sta per CRISTIANI: se un missionario europeo arrivava da così lontano per cercare di redimere degli africani qualcosa alla base ci doveva essere. Perché gli africani non sono andati in Europa? Da ciò si evince che sicuramente la religione europea era notevolmente migliore e per questo gli africani non poterono che accettarla. Viene fatta tabula rasa di tutte le tradizioni, se il dio dell’europeo è migliore anche l’europeo è meglio dell’africano. Il metodo dei missionari seguì il teorema di “africano = bambino = sacco vuoto da riempire”, prima però il sacco era stato svuotato per bene! L’africano non sapeva niente, non pensava a niente per cui doveva ragionare come il missionario altrimenti sarebbe finito all’inferno.

La seconda C sta per COMMERCIO: ogni missionario tornava a casa, incontrava gli amici e portava con se in Africa almeno una persona, un uomo d’affari diciamo, così che potesse gestire meglio i commerci. Quando hai già accettato la mia religione a quel punto per forza ti devi rendere conto di come sono più elegante rispetto a te, quanto sono più profumato di te? Una persona viene a battezzarsi e tu gli regali una maglia nuova, il giorno dopo qualcun altro arriverà per il battesimo finché avere la maglia non sarà una necessità. Il missionario capisce che pensare alla religione e ai business è dura per cui torna un’altra volta a casa e porta con se la terza C.

La terza C sta per COLONIZZATORI o amministratori: queste persone saranno incaricate di amministrare tutta la macchina colonizzatrice e di coordinare il lavoro dei missionari e dei commercianti.

Il 1906 è un anno importante per Rwanda e Burundi perché mercato, religione e amministrazione saranno effettivamente tutti nelle mani della Chiesa e dei suoi collaboratori. I problemi però rimangono e gli autoctoni non si vogliono proprio convertire al cattolicesimo (nel 1910 in Burundi solo 1.000 persone si sono convertite). Finita la seconda guerra mondiale nel 1919 il mandato per il Rwanda-Burundi è affidato al Belgio che s’interesserà in maniera più forte e decisa ai due Paesi.

Alla prossima

Piedone l’Africano

Noè, Cam, Napoleone e il Rwanda

Argggg amici pirati,

Eccomi di nuovo qui a parlare di Rwanda.

Oggi la storia partirà da lontano, molto lontano. Partiamo dall’antico testamento… dopo essere stato sul suo vascello durante il diluvio universale il giovine pirata Noè, ormai a 600 anni, scenderà a terra dove vivrà ancora 350 anni…sembra una minchiata ma cosi dice il testo.

“Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto all’interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide il padre scoperto e raccontò della cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e , camminando a ritroso, coprirono il padre scoperto; avendo rivolto la faccia indietro, non videro il padre scoperto. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia tuo schiavo! Dio dilati Iafet e questi dimori nelle terre di Sem, Canaan sia suo schiavo!»” (Genesi 9, 20-27)

 

 

Canaan era il quarto figlio, il più piccolo di Cam. Secondo le tradizioni orali ebraiche del VI sec. d.C. Cam è indicato come un peccaminoso. Gli africani subiscono la maledizione del “loro” antenato Cam, figlio indegno di Noè: di conseguenza sono neri e degenerati. Da queste tradizioni si diffonde l’idea che tutti gli uomini dalla pelle scura siano dei Camiti. Questa immagine che identifica l’uomo che abita l’Africa persiste per tutto il Medioevo e la nozione di “Negro-camita” fu generalmente accettata fino al 1600 contribuendo, piccolo particolare, a giustificare la tratta degli schiavi.

il missionario fumante


A seguito della spedizione in Egitto di Napoleone Bonaparte (1798) si compie una completa riconversione del mito di Cam. Gli scienziati di Napoleone erano concordi nel ritenere che, prima della civilizzazione romana e greca, l’inizio della civiltà occidentale si potesse collocare in Egitto. La conclusione fu che “gli egiziani erano negroidi non neri”. Solo l’ultimo figlio di Cam (Canaan) era stato maledetto, gli altri tre figli (Kush, Mizraym e Put) erano dei fighi, non maledetti e quindi capaci di civilizzazione. Gli egiziani quindi si ritrovavano imparentati con i bianchi europei. Col termine “Camita” da questo momento in poi gli studiosi cercheranno di rappresentare la grande diversità delle popolazioni africane in base a una gerarchia fondata sulla loro prossimità al ceppo europeo. Se essi non sono completamente neri significa che sono entrati in contatto con civiltà straniere. Ribaltando il pensiero precedente, a metà del 1800 il conte Gobineau considera i Camiti come discendenti di tale primo movimento migratorio europeo-caucasico. Le famiglie regali tutsi dei differenti Stati vennero riconosciute come camitiche secondo questa nuova teoria, insomma bianchi a tutti gli effetti. L’aristocrazia tutsi comandata dal Belgio «guidava uno stato talmente sofisticato che essa non poteva che essere originaria di una regione geograficamente, culturalmente, e soprattutto razzialmente, “vicina” all’Europa, come ad esempio l’Etiopia, un paese che, non è inutile ricordarlo, era stato “cristianizzato” da molti secoli». A partire dal 1870 si diffonde tra gli studiosi l’idea di una «razza camitica» nella quale vengono raggruppati i Berberi, gli Egiziani, gli Abissini, alcuni gruppi dell’Africa Centrale, fra cui i Tutsi-Hima. I missionari riuscirono a mantenere tutte queste teorie a loro favore per “costruire” l’etnia in Rwanda. I missionari consideravano gli hutu come i neri degenerati, figli maledetti di Cam, cioè i camiti della versione antica della teoria, mentre i tutsi venivano considerati i “bianchi” camiti della versione moderna della teoria.

Buana Tutsi

Piedone l’africano

Si inizia dal Rwanda (una volta tanto)

Cari amici pastafariani,

essendo io un pirata della chiesa pastafariana in trasferta in Africa vorrei dedicare qualche articolo sul ruolo della chiesa cattolica nel continente nero. Un giorno un certo Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya, disse: “Quando arrivarono i missionari, gli africani avevano la terra e i missionari avevano la Bibbia. Ci insegnarono a pregare a occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia”.

L’argomento è così grande che mi dovrò limitare ad un solo paese per ora, ossia il Rwanda. Lo stile sarà sarcasticamente piratesco e provocatoriamente legato a fatti storici assolutamente reali. Se qualcuno si sente in ogni modo negativamente colpito sappia che questo è il mio obiettivo e ne sarò compiaciuto.

 la bandiera del Rwanda

Il Rwanda. O perlomeno la sua bandiera


Il Rwanda è un piccolo Paese dell’Africa centro-orientale, è grande circa come la Sicilia. Il Rwanda confina con il Burundi, l’Uganda, la Tanzania e la Repubblica Democratica del Congo (grande 89 volte il Rwanda).

 la mappa del Rwanda

La mappa del Rwanda, gentilmente donata (come pure la sua bandiera) da Wikipedia. Un grazie è dovuto.

Il Rwanda ha una densità di popolazione di 328 abitanti per Kmq, 10 volte maggiore rispetto al Congo, e per ironia della sorte praticamente uguale a quella a quella del Belgio che ha governato come potenza coloniale sul Rwanda per moltissimi anni. Si sta strettini in Rwanda e il 90% della popolazione si dedica all’agricoltura. Certo niente a che vedere col Vaticano dove gli abitanti, probabilmente per dare il buon esempio ai loro fedeli, stanno veramente strettissimi (2.118 abitanti per Kmq) e dove il 100% della popolazione si dedica alla professione della fede cattolica.

Il Rwanda ha una gran fortuna rispetto a tanti altri Paesi africani: in RD Congo ci sono oltre 200 etnie, in Tanzania 200, in Kenya 42…difficile mettere tutti d’accordo, difficile anche solo riuscire a far comunicare tutte queste persone tra loro. In Rwanda invece son proprio fortunati perché ci sono tre componenti sociali che non possiamo definire nemmeno etnie. Dal vocabolario della lingua italiana: etnia è un raggruppamento umano basato su comuni caratteri fisici, storico–demografici, linguistici e culturali. Ora in Rwanda si parla solo una lingua, il kinyarwanda, si mangiano gli stessi spiedini con le banane cotte, si prega lo stesso dio, ci son gli stessi usi e costumi e fisicamente è oggi difficile distinguere un hutu da un tutsi.

La divisione etnica era una realtà centinaia di anni fa in Rwanda. Negli anni ha poi perso valore grazie alla storia piuttosto atipica del Rwanda, per essere poi rispolverata ed utilizzata dal clero cattolico per governare al meglio il paese e convertire centinaia di migliaia di pecorelle (nere) smarrite, e per essere infine utilizzata come strumento di sterminio durante i genocidi rwandesi.    

Ad ogni modo ecco invece la versione dell’etnia più cara ai missionari cattolici: i pigmei twa sono l’1% della popolazione rwandese, gli abitanti originari del Rwanda; sono cacciatori – raccoglitori seminomadi, tracagnotti (diciamo cicciottelli con baricentro basso) e molto scuri di carnagione. Gli hutu sono invece l’89% della popolazione rwandese, sono bantu e sono i secondi ad arrivare in Rwanda provenienti dall’Africa occidentale. Tutti agricoltori, di media altezza e di media carnagione, con l’inconfondibile naso “a patata” africano. I tutsi sono i famosi Watussi,  quelli che ogni tre passi fanno sei metri e che vedon per primi la luce del sole, sono il 10 % della popolazione rwandese, ultimi ad arrivare in Rwanda dagli altopiani etiopi. Sono pastori, alti oltre 180 cm d’altezza, chiari di carnagione e con un naso all’europea ossia pronunciato e fine. Per aiutarvi vi consiglio di guardare la vignetta che segue..da sinistra: tutsi, hutu e twa.

 tre nei teneri

un tutsi, un hutu ed un twa in posa per una fotografia (il missionario cattolico non si vede: è dietro il mirino l’obiettivo)

Come introduzione mi sembra più che sufficiente. Nel prossimo post parlerò invece della sacra genesi e dell’utilizzo delle scritture da parte dei missionari per manipolare il concetto di etnia a loro uso e consumo.

RAmen,

Piedone l’africano